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Focus sulla compravendita di partecipazioni e di immobili: la condizione di adempimento

2 maggio 2023 | 4 MINUTI DI LETTURA

Come noto, tra gli elementi accidentali del contratto, il nostro ordinamento conosce e disciplina all’art. 1353 c.c. la condizione (i) sospensiva e quella (ii) risolutiva, le cui caratteristiche principali sono l’accidentalità e l’incertezza.   

Nella prassi contrattuale, tuttavia, si assiste a clausole negoziali difficilmente inquadrabili nello schema "tipico" della condizione risolutiva o sospensiva. Vi è da chiedersi pertanto se tali "condizioni" (rectius, clausole), in quanto mancanti di uno dei requisiti sopra richiamati, siano innanzitutto ammissibili e, in caso di risposta affermativa, entro quale disciplina essi ricadano.

Poniamo, ad esempio, il caso, assai frequente nelle compravendite di partecipazioni o di beni immobili, soprattutto quando si usano precedenti contrattuali del commercio internazionale, in cui le parti abbiano condizionato – risolutivamente o sospensivamente – il trasferimento della proprietà al pagamento, da parte dell'acquirente, dell'intero prezzo di compravendita, discostandosi così dal principio consensuale previsto dal nostro codice civile.

In altri termini, può essere dedotto in condizione - sospensiva o risolutiva - l’adempimento della prestazione relativa al pagamento del prezzo nella compravendita?

Tale clausola aveva, infatti, suscitato non poche perplessità in dottrina e in giurisprudenza, le quali hanno prevalentemente sollevato le seguenti obiezioni:

  1. il pagamento del prezzo non può essere oggetto di condizione in quanto esso è da considerarsi quale elemento causale tipico del negozio, e non accidentale ed estrinseco (Cass. 7007/1993);
  2. se oggetto della condizione, intesa quale elemento accidentale, fosse l’adempimento, il contratto sarebbe nullo per difetto di causa mancando il sinallagma contrattuale (art. 1418 co. 2 c.c.), ossia quell'equilibrio, o giustificazione, delle reciproche prestazioni nei contratti a prestazioni reciproche;
  3. il pagamento del prezzo non è mai incerto in quanto è sempre certa la sua coercibilità;
  4. un ultimo argomento, di tipo sistematico, riteneva che in mancanza di una norma che disciplina la "condizione di adempimento", tale patto non fosse ammissibile.

L'orientamento prevalente negava quindi la validità della condizione di adempimento. A partire dagli anni ’70, tuttavia, si è assistito ad un revirement di quella che era la posizione predominante. Le motivazioni addotte per superare tale posizione possono essere riassunte come segue:

  • l'accidentalità e estrinsecità sono connotati descrittivi, piuttosto che requisiti normativi;
  • la condizione può servire per qualsiasi interesse lecito e meritevole di tutela in forza del principio generale di autonomia contrattuale di cui all'articolo 1322 c.c.;
  • non configura una illegittima condizione meramente potestativa, ex art. 1355 c.c., la pattuizione che fa dipendere dal comportamento – adempiente o meno – di una delle parti l'effetto risolutivo del negozio. Ciò non solo per l'efficacia – risolutiva e non sospensiva – del verificarsi dell'evento dedotto in condizione, ma anche in quanto tale clausola, in quanto attribuisce il diritto di recesso unilaterale dal contratto, il cui esercizio è rimesso a una valutazione ponderata degli interessi della stessa parte, non subordina l'efficacia del contratto a una scelta meramente arbitraria della parte medesima.

Condizione di adempimento risolutiva o sospensiva

Trova applicazione anche per questa tipologia di condizione la tradizionale dicotomia tra condizione sospensiva, da una parte, e condizione risolutiva, dall'altra. 

Con la prima le parti derogano al principio consensualistico assoggettando l’effetto traslativo, ad es., al pagamento del prezzo, anziché allo scambio dei consensi debitamente manifestati (ex 1376 c.c.). Con la seconda, invece, le parti decidono di risolvere il contratto automaticamente anticipando quella che sarebbe la scelta della parte fedele di chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 1453 e ss. c.c..

Con particolare riferimento alla seconda categoria di condizione – la condizione risolutiva di adempimento – ci si è chiesti se, considerati gli effetti propri di tale clausola, la stessa non debba essere piuttosto interpretata e qualificata quale clausola risolutiva espressa ai sensi dell'art. 1456 c.c..

Vi è, tuttavia, chi ha individuato alcune differenze tra la condizione risolutiva di adempimento e la clausola risolutiva espressa, volte a difenderne l'autonoma configurazione e qualificazione della prima, tra cui, a titolo esemplificativo, la necessità, per l'operatività della clausola risolutiva espressa, della decisione delle parti di volersene avvalere (art. 1456, co. 2, c.c.), formalità, invece, non richiesta per l'efficacia della condizione. 

Potenziali criticità

Ciò detto, non sono mancate critiche da parte della dottrina in merito alla legittimità e facoltà delle parti di inserire in un contratto la condizione "atipica" di adempimento. 

Tra le ragioni addotte a sostegno di questa posizione c'è il rischio che il creditore – parte contrattuale – venga privato di quelli che sono i rimedi tipici previsti nell'ipotesi di inadempimento della controparte. Secondo tale orientamento, la condizione di adempimento, infatti, equivarrebbe ad un inammissibile esonero preventivo del debitore dalla responsabilità per danni derivanti da inadempimento per il caso di dolo o colpa grave (art. 1229 c.c.), e come tale affetta da nullità. 

Per superare tale critica, vi è chi qualifica la condizione di adempimento quale condizione unilaterale a favore del creditore. Aderendo a questa tesi, si potrebbe pertanto argomentare che il creditore manterrebbe impregiudicata la facoltà di tornare alla tutela tipica, potendo così esperire tutti i rimedi previsti dal nostro ordinamento in caso di inadempimento.

In questa sede ci si è limitati a riassumere il dibattito in termini molto generali ma, si ritiene, questo sia tuttavia sufficiente ad evidenziare le potenziali criticità e incertezze legate alla configurabilità della condizione di adempimento e al modo in cui le relative clausole negoziali vengono negoziate e concordate tra le parti. 

La tecnica di redazione di buone clausole contrattuali deve essere pertanto la priorità, se si tiene conto delle conseguenze a cui le parti possono incorrere nelle operazioni di tipo societario o immobiliare.

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